La Regione Baltica, dalla storia lunga e tormentata, è tornata alla ribalta delle cronache per i rapporti intrapresi da Finlandia e Svezia con la NATO in contrapposizione alla Russia. Il Mar Baltico, dalle acque poco saline e dalla modesta profondità media (55 m) poco adatta alle evoluzioni di sommergibili nucleari, ha la rara caratteristica di non avere “acque libere”, cioè internazionali, causando frequenti provocazioni navali ed aeree. Oggi sembra divenire un lago ostile per la Russia.
In particolare, l’Oblast di Kaliningrad, già Prussia Orientale tedesca, con capitale Koenigsberg, la città di Kant e dei sette ponti di Eulero (teoria dei grafi), sede della famosa Università Albertina, divenne nel 1945 territorio sovietico, dopo le terribili sofferenze della popolazione tedesca ivi residente senza presenza di minoranze. I cittadini che sopravvissero alla strage dei profughi che tentavano di fuggire via mare, anche con la residua flotta di U-Boote accorsi in aiuto all’evacuazione, la residua popolazione sparì dalla loro terra, colpevole di aver rifiutato la capitolazione all’Armata Rossa. il Baltico divenne una grande bara gelida con l’affondamento della nave ospedale “Gustloff”, stracarica anche sui ponti, con circa 10.000 vittime, nel più grave naufragio di sempre.
Quel territorio, attualmente exclave senza confini diretti con la Russia, dopo secoli di scontri e battaglie tra i popoli che vi si affacciano, è ricordata nella storia militare soprattutto per la vittoria napoleonica di Friedland, per le battaglie di Gumbinnen (1914 e 1945) e di Tannenberg. Oggi è sede di una munitissima base militare in posizione strategica per minacciare l’Occidente, dotata di missili Iskander ma non ancora dei poderosi Sarmat in fase di avanzata sperimentazione.
Le vicende attuali dell’Ucraina hanno portato agli attriti tra i Paesi Baltici e la Russia, a livello elevato di criticità, che preoccupano l’Europa e non solo. Il “corridoio di Suwalki”, che collega -oggi interrotto per le merci sotto sanzione – tra Polonia e Lituania la Russia alla sua exclave, è il punto cruciale più caldo nel contatto con la NATO.
La storia ha registrato che territori contesi, improvvidamente divisi con “corridoi” (ricordiamo Danzica nel 1939) o con artificiosi confini, quasi tagli geografici (38° parallelo in Corea) non hanno mai portato alla fortuna della pace definitiva. Le ingiustizie di Yalta, che toccarono in parte anche all’Italia, si pagano, a decenni di distanza.
E allora? Il futuro è nelle mani dei Governi, nella cui saggezza siamo obbligati a confidare per scongiurare l’ipotesi spettrale di una guerra “totale”.