GLI ORIZZONTI DI UNA NUOVA PACE?

Gli orizzonti della pianura sarmatica potrebbero tornare sereni dopo i bagliori di una guerra prima ritenuta improbabile se non impossibile.

Riesumando una frase usurata dall’uso politico, sembra che un  “destino cinico e baro”  possa manifestarsi anche “beffardo”  per un popolo di  Italiani immemori.

L’orizzonte piatto, senza i campanili dei nostri paesi così vicini, senza i profili di monti lontani, il letto così largo dei fiumi, tanto da farli sembrare laghi, il gelo buriana, come gli Alpini chiamavano il Burian,  tipica tempesta di neve e di vento, e la rasputiza, il fango del disgelo di primavera e delle piogge autunnali, erano visioni indimenticabili per una generazione inviata nella steppa, che si comportò con coraggio ed onore, riconosciuti dallo stesso nemico di allora, che oggi  sembra ricomparire lontano in larvate minacce.

Le nuove generazioni potrebbero essere chiamate, per la beffa del destino, allo schieramento di interposizione per garantire il rispetto di una possibile pace o tragua, che finirà, come negli ultimi ottanta anni, a spezzare in due nazioni, popoli, famiglie: le lezioni di Germania, Corea, Vietnam non sono bastate per risvegliare la saggezza della vera pace, ancorché non “universale” per una terra intrisa del sangue di secoli, anche italiano.

Non è facile e immaginare la generazione Z, i “maranza”,  i ragazzi  della “movida” proiettati a difendere una pace instabile, armi alla mano, immersi in un ambiente potenzialmente ostile. Forse sì, qualora, ci fossero sergenti della neve come Rigoni Stern, comandanti di reggimento come il col. Aminto Caretto e gli altri che seppero guidare i loro Uomini contro le immeritate avversità del destino.

Nell’ 800 con la Grande Armée napoleonica, poi in Crimea, un secolo dopo ancora in Russia, dopo quasi un secolo di nuovo sullo stesso campo?

Destino troppo amaro per raffigurarlo anche solo come ipotesi previsionale o progettuale.

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